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5G: la dotazione frequenziale dei player italiani
La posizione degli operatori storici, virtuali e nuovi entranti prima della gara

09/2018

Mentre il social marketing di aziende come OnePlus e Xiaomi inizia a incuriosire il pubblico con le immagini dei primi smartphone 5G, in uscita nel 2019, in Italia l’asta per la tecnologia di rete di quinta generazione è quasi giunta al termine.   

L’Agcom ha fissato da tempo le regole del gioco. La Delibera 231/18/CONS ha puntato a valorizzare tre esigenze: lo sviluppo tecnologico della rete 5G sotto il profilo sia qualitativo che quantitativo, la realizzazione di importanti entrate pubbliche per la vendita delle frequenze (obiettivo più che raggiunto, considerando che il Governo attendeva entrate per almeno 2,5 miliardi di Euro e l’asta ha superato i 6 miliardi), e lo sviluppo concorrenziale (con regole anti-accaparramento e frequenze riservate ai nuovi entranti).



La corsa agli armamenti per gli operatori telco ha preceduto una lunga battaglia fatta di rilanci e tornate di gara. Se la definizione della dotazione frequenziale post-gara è ancora tutta da verificare con attenzione, è interessante però riflettere sulla dotazione degli operatori precedente all’asta 5G.  

L’asta multi banda ha messo a disposizione 1275 MHz nelle frequenze 694-790 MHz, 3.6-3.8 GHz e 26.5-27.5 GHz, ossia nelle tre bande “pioniere” per lo sviluppo del 5G. Anche se l’Agcom punta da sempre a favorire il roaming e lo sharing frequenziale, la presenza della banda millimetrica (26 GHz) accanto alle bande medie (3.7 GHz) e basse (700 MHz), garantisce agli operatori un assortimento tale, in termini di complementarietà tra copertura e prestazioni, da poter gestire in autonomia le nuove sfide lanciate dalla rivoluzione tecnologica.



Erano sette gli operatori pre-qualificati all’asta: oltre agli storici Vodafone, Wind Tre e TIM, hanno partecipato alla gara anche il principale operatore FWA Linkem, la newco Open Fiber (molto attiva nella infrastrutturazione in fibra ultraveloce), l’operatore virtuale Fastweb e il nuovo entrante Iliad.      

Quest’ultimo, che ha da poco raggiunto quota 2 milioni di utenti in Italia, gode della dotazione frequenziale derivante dai remedies della concentrazione comunitaria che ha portato alla nascita di Wind Tre; si tratta di un pacchetto di 2x35 MHz in blocchi da 5+5 MHz ciascuno, così suddivisi: 2x5 MHz sui 900 Mhz, 2x10 MHz sui 1800 MHz, 2x10 MHz sui 2100 MHz e 2x10 MHz sui 2600 MHz. A fronte di queste bande proprietarie, l’asta 5G ha comunque riservato a Iliad, in qualità di nuovo entrante, una porzione di spettro nella banda di frequenze a 700 MHz, e cioè un lotto formato da 2 blocchi da 2x5 MHz. 

Per quanto riguarda gli operatori esclusivamente di rete fissa ammessi all’asta, ossia Open Fiber e Linkem, l’interesse sembrava orientato verso le frequenze in 26 GHz, utili a raggiungere una migliore copertura nelle aree periferiche del Paese. Ma nessuno dei due operatori si è aggiudicato lotti durante l’asta.

In una posizione strategica si trovava poi Fastweb, operatore virtuale di rete mobile che, col passaggio al 5G, ha dimostrato forte interesse a investire in infrastrutture proprie. A questo proposito, Fastweb ha da poco acquisito le frequenze di Tiscali nella banda 3.4-3.6 GHz con un’operazione da 150 milioni di euro. Si tratta di una porzione di spettro di 40 MHz – i cui diritti d’uso scadevano nel 2023 e sono stati recentemente prorogati al 2029 – contigua ai 200 MHz messi all’asta nella medesima banda.

Per quanto riguarda gli operatori storici – TIM, Vodafone e Wind Tre – essi sono partiti da una dotazione infrastrutturale similare: 2x10 MHz sugli 800 MHz, 2x10 sui 900 MHz, 2x20 sui 1800 MHz, 2x15 sui 2100 MHz (Wind Tre è a 2x20) e 2x15 sui 2600 MHz (Wind Tre è a 2x20). L’interesse delle tre compagnie, che negli ultimi mesi hanno condotto sperimentazioni 5G in diverse aree del Paese (in particolare Vodafone a Milano), è rivolto a tutte le bande pioniere per consolidare una posizione di forza nello scenario delle reti mobili.    

Sotto il profilo temporale, le bande messe all’asta si libereranno in momenti diversi: se le bande 3.7 GHz e 26 GHz saranno utilizzabili già dal 2019, quella 700 MHz, secondo quanto previsto dal PNAF 2018, sarà libera dagli attuali utilizzi televisivi a partire dal 2022.        

Se per gli operatori che dispongono di una minore dotazione infrastrutturale sono state di particolare interesse le bande medie e basse, al fine di irrobustire la propria rete, l’attenzione degli operatori maggiormente infrastrutturati è andata anche alla banda 26 GHZ, sia per il basso costo, sia per la possibilità di un utilizzo immediato, sia infine per le alte prestazioni che essa garantisce nell’impalcatura della rete di nuova generazione.


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