La Consob ha recentemente pubblicato un nuovo Quaderno Giuridico, dal titolo “Le partecipazioni dei fondi alternativi riservati in società quotate e in altri fondi”, che analizza (a) la disciplina degli organismi di gestione collettiva del risparmio, (b) le regole di vigilanza prudenziale del sistema bancario, (c) l’intersezione tra tali due mondi, che si verifica laddove un fondo acquisisca partecipazioni (specialmente se di controllo) nel capitale sociale di un istituto bancario.
Il lavoro evidenzia, in prima battuta, la presenza sempre maggiore (soprattutto successivamente alla crisi finanziaria) degli Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio (OIRC) nel capitale sociale delle società quotate e non quotate. Se da 2007 ad oggi la ricchezza gestita dai fondi è aumentata in maniera più che proporzionale rispetto alla ricchezza totale investibile, per il futuro il trend non sembra destinato a fermarsi. Ciò anche in virtù dell’affermarsi di una nuova filiera produttiva del valore, legata all’innovazione tecnologica del mercato finanziario, che potrà fare leva su strumenti quali i Big Data e l’Internet of Things.
I Fondi di Investimento Alternativi (FIA), perciò, lungi dal porsi come alternativa “economicamente debole” al tradizionale sistema bancario ed assicurativo, riveste oggi un ruolo centrale nel mercato finanziario.
Il cd. “shadow banking system”, infatti, nella sua attività di intermediazione quasi-bancaria, muove numeri maggiori del sistema bancario, senza peraltro sottostare alle rigidità del suo regime regolatorio. La definizione dello shadow banking system è peraltro eterogenea: essa ricomprende, secondo il Financial Stability Board, tutte quelle “forme di intermediazione creditizia che coinvolgono entità e attività in tutto o in parte poste al di fuori del sistema bancario”, come fondi di private equity, hedge funds e fondi monetari.
La normativa di riferimento, in ambito europeo, è la direttiva 2011/61/CE, la cd. “Alternative Investments Fund Managers Directive”. Essa stabilisce che i fondi di investimento - o, almeno, i fondi riservati (cioè i fondi che riguardano investitori professionali, e non il mercato retail dei piccoli risparmiatori) - possono possedere partecipazioni societarie, anche di maggioranza, senza porre alcun divieto nell’ipotesi in cui tali partecipazioni riguardino il capitale di banche.
Secondo gli elementi di approfondimento riportati nel Quaderno Giuridico della Consob, le partecipazioni societarie da parte dei Fondi di Investimento Alternativi comportano però alcune problematiche non secondarie.
In primo luogo, l’applicabilità al fondo - che è un soggetto privo di personalità giuridica - delle regole pensate, invece, per soggetti dotati di personalità giuridica: problematica che lascia alcune domande insolute, prima fra tutte se l’azionista di maggioranza della società controllata sia direttamente il fondo, oppure la società che lo gestisce.
In secondo luogo, la partecipazione societaria può portare il fondo a rivestire il ruolo di holding di partecipazioni, con conseguenti perplessità in tema di governance e di strategie societarie nell’ambito della società partecipata dal fondo.
In terzo luogo, nasce un potenziale conflitto di interessi, nelle decisioni societarie, tra l’interesse dei soggetti partecipanti al fondo e l’interesse della società partecipata dal fondo.
In quarto luogo, emerge la problematica relativa alle modalità di liquidazione dell’investimento.
Tutte queste tematiche si fanno particolarmente significative nell’eventualità in cui la società partecipata - o addirittura controllata - dal fondo sia una banca, anche in considerazione del fatto che talvolta la presenza di fondi di private equity nel capitale sociale delle banche assume la veste di partecipazione di controllo.
Da questo punto di vista - è il ragionamento svolto nel Quaderno Giuridico della Consob - l’investimento effettuato dal fondo può essere visto da una duplice prospettiva.
Una prima tipologia di investimento, tipica dei fondi aperti al pubblico dei piccoli risparmiatori, è l’investimento nel capitale della banca come forma di investimento finanziario puro e semplice, senza alcuna implicazione o interferenza nella governance o nella definizione delle strategie della banca.
Una seconda tipologia di investimento, tipica dei fondi chiusi o riservati, è invece l’investimento nel capitale della banca come parte di una più ampia strategia di investimento, ipotesi in cui il fondo ha tutto l’interesse ad esercitare i propri diritti di azionista.
Come si vede, pertanto, il controllo di una banca da parte di un fondo di investimento può dunque verificarsi - e anzi, si verifica - anche per l’assenza di un limite settoriale nel ventaglio di investimenti che il fondo è legittimato ad effettuare.
A rispondere alle preoccupazioni di governance societaria delle banche, tuttavia, interviene la citata Direttiva 2011/61/CE, la quale, con una disposizione applicabile a tutte le tipologie di imprese controllabili da un fondo (banche incluse), pone un divieto di “asset stripping”, cioè di disgregazione degli asset aziendali. In altre parole, il fondo controllante è soggetto a regole che limitano la sua possibilità di appropriarsi delle risorse patrimoniali e finanziarie dell’impresa controllata.
La domanda che il Quaderno Giuridico Consob si pone è allora come coniugare l’interesse dell’investimento finanziario del fondo (cioè un interesse di breve periodo) con le esigenze di stabilità di lungo periodo che informano le regole per l’acquisizione di partecipazioni bancarie.
Il regime previsto per le acquisizioni di partecipazioni bancarie è infatti particolarmente rigido: da un lato è prevista una necessaria e propedeutica autorizzazione per le partecipazioni qualificate, e cioè superiori al 10% del capitale sociale; dall’altro si prevedono specifici requisiti che il soggetto titolare di una partecipazione qualificata deve possedere. Tali requisiti, resi via via più stringenti, sono oggi indicati dalle Linee Guida Intersettoriali europee del 2016. Essi sono:
la reputazione e la competenza professionale;
la reputazione e l’esperienza dei soggetti che saranno chiamati a gestire il business della banca;
la solidità finanziaria dell’acquirente;
la conformità ai requisiti prudenziali previsti per la banca;
la valutazione anti-riciclaggio e anti-finanziamento del terrorismo, da condurre indipendentemente dalle predette valutazioni.
Quando l’autorità di vigilanza si trova a dover valutare l’acquisizione di una partecipazione di controllo di una banca da parte di un fondo di investimento, risultano particolarmente delicate le valutazioni circa la solidità finanziaria e la conformità ai requisiti prudenziali.
Sotto il primo profilo, per “solidità finanziaria” si intende la capacità del soggetto di far fronte all’acquisizione della partecipazione di controllo. Il lavoro della Consob sottolinea che sembra ormai superato il tradizionale approccio secondo cui il potenziale acquirente debba essere in grado di finanziare l’intera operazione con fondi propri; il nuovo approccio delle Linee Guida Intersettoriali è più morbido, e consente il ricorso dell’acquirente a finanziamenti terzi, purché l’indebitamento non comporti problemi alla solidità dell’acquirente o alla capacità della banca di conformarsi ai requisiti prudenziali.
Sotto il secondo profilo, la valutazione dell’autorità verte sulla compatibilità dell’acquisizione da parte del fondo con il rispetto dei requisiti di vigilanza prudenziale. Si tratta di una valutazione fatta in prospettiva: la compatibilità della politica di investimento del fondo non deve esistere solo nella fase dell’acquisizione, ma deve protrarsi nel tempo.
È un elemento che richiede un necessario bilanciamento tra due differenti esigenze: l’esigenza del fondo, consistente in un investimento finanziario caratterizzato da un orizzonte temporale preciso, e l’esigenza della banca, consistente in una stabilità finanziaria di lungo e indefinibile periodo.
La valutazione sulla possibilità di raggiungere un equilibrio iniziale tra queste due esigenze coincide con il requisito della solidità finanziaria visto in precedenza; la valutazione di lungo periodo, invece, deve tenere in considerazione anche le strategie di disinvestimento previste dal fondo e la capienza del patrimonio del fondo verso impegni finanziari aggiuntivi della banca: tale seconda valutazione, dato che il fondo non è obbligato a finanziare attività ulteriori rispetto all’acquisto iniziale delle partecipazioni, dovrà essere svolta dall’autorità in chiave prospettica. Inoltre, una valutazione di pari importanza riguarda il piano finanziario del fondo: esso dovrà essere strutturato compatibilmente con le capacità della banca di generare risorse finanziarie.
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