C’erano una volta le file alla cabina, le chiamate interurbane e le linee in attesa di una moneta in più. C’era una volta una società chiamata SIP, poi privatizzata e “ribrandizzata” in Telecom Italia. C’era una volta, infine, un obbligo di servizio universale consistente nel mettere a disposizione, sul territorio nazionale, la telefonia pubblica a pagamento: un obbligo che TIM ha ereditato da SIP e che ora, in tempi di scorporo della rete, ultrabroadband e 5G, suona meravigliosamente anacronistico.
Non è un caso, perciò, che Agcom sia già intervenuta in passato per alleggerire la materia (per esempio, riducendo i vincoli relativi alla più ampia disponibilità del servizio) e che, infine, abbia avviato una consultazione sulle prospettive regolamentari delle postazioni telefoniche pubbliche (PTP).
A seguito delle recenti revisioni europee (in particolare, la Direttiva 2018/1972, cioè il nuovo codice europeo delle comunicazioni elettroniche), il documento si pone infatti come un punto di partenza per coinvolgere gli stakeholders in una riflessione sull’attuale sistema regolatorio, anche «alla luce della progressiva riduzione dell’utilizzo delle PTP».
L’Autorità ricostruisce in prima battuta il quadro regolamentare vigente, basato sulla delibera 290/01/CONS e successivamente modificato con la delibera 31/10/CONS: la telefonia pubblica è stata
dapprima pianificata attraverso criteri quantitativi e qualitativi, che assicurassero una sensata distribuzione delle PTP sul territorio, e successivamente ha assistito a una dismissione dei criteri quantitativi, in virtù di una «domanda in netto calo per effetto della diffusione dei terminali mobili».
In altre parole, come logico, la reperibilità pressoché istantanea e continuativa fornita a ciascun utente dal proprio telefono cellulare ha cancellato dalla storia la necessità di rivolgersi a un “telefono di strada”, rendendo superfluo il “servizio pubblico” in favore di una sorta di “autonomia comunicativa privata”.
A seguito della delibera 31/10/CONS, e sebbene Agcom abbia conservato una procedura di opposizione per la popolazione interessata al mantenimento di una PTP, il numero di postazioni è sceso di oltre il 55% (da 43mila a 19mila).
Una forte riduzione (80%) si è riscontrata anche nel numero di chiamate effettuate da PTP, la breve durata delle quali evidenzia peraltro l’occasionalità del loro utilizzo: chiamate di “emergenza”, più che conversazioni.
La relazione tra mantenimento delle PTP e fornitura di un servizio universale, d’altra parte, si inserisce nel più ampio contesto della recente revisione del quadro europeo delle comunicazioni elettroniche.
Il nuovo codice, infatti, modernizza l’ambito del “servizio universale”, prescrivendo che tale concetto «dovrebbe evolvere al fine di rispecchiare il progresso tecnologico, l’evoluzione del mercato e della domanda degli utenti» (considerando 210); allo stesso tempo, però, si afferma che «permettere il mantenimento a disposizione della collettività dei telefoni pubblici a pagamento […], purché la necessità sia ancora dimostrata, offrirebbe agli Stati membri la flessibilità necessaria per tenere nel debito conto le varie circostanze nazionali» (considerando 235).
Il contemperamento tra l’esigenza di assicurare servizi al passo coi tempi e quella di salvaguardare le specificità locali ha portato alla definizione dell’art. 84 del nuovo codice: esso rimodula il servizio universale - incentrato ora su internet a banda larga e servizi di comunicazione vocale in postazione fissa - ed espunge dall'elenco il servizio di telefonia pubblica.
Come detto, però, i servizi universali già esistenti potranno continuare a essere forniti sulla base di circostanze nazionali. Attualmente, il servizio di telefonia pubblica è offerto in tredici paesi europei, ma, ricorda Agcom, in molti di questi sono in corso procedure di rimozione o di revisione dei vincoli e di dismissione delle PTP.
Alle considerazioni circa il potenziale smantellamento della rete di postazioni telefoniche pubbliche si aggancia, tuttavia, anche una riflessione su un loro possibile riutilizzo in accordo al mutare della tecnologia delle telecomunicazioni e delle esigenze dei cittadini. In tal senso, ricorda Agcom, TIM ha proposto alcune soluzioni potenziali, come il progetto “TIM city link” («un innovativo esempio di infrastruttura urbana che coniuga la tradizione delle cabine di telefonia pubblica con le nuove tecnologie digitali, nell’ottica di contribuire alla realizzazione del modello di “Smart City”») o la riconversione delle PTP in strumento di hosting delle antenne LTE o in strumento di mobile data offloading.
Quest’ultima soluzione sembrerebbe incontrare maggiormente i favori di Agcom, che non a caso prospetta un possibile utilizzo futuro delle PTP per l’offerta di più moderni servizi di comunicazione, incluso l’accesso alla banda ultra-larga; si tratterebbe di «un servizio di accesso a internet, alternativo o complementare a quello disponibile su rete fissa», e andrebbe pertanto nella direzione di riconvertire una tecnologia obsoleta in uno strumento utile ai nuovi e più moderni obblighi di servizio pubblico del codice europeo.
In generale, la conclusione di Agcom, basata anche sull’analisi relativa alla distribuzione territoriale e demografica delle PTP, va perciò nel senso che il servizio di telefonia pubblica abbia perso il proprio carattere di universalità.
D’altra parte, con l’introduzione del nuovo quadro europeo delle comunicazioni, l’Autorità sa che a stretto giro TIM potrebbe semplicemente dismettere la propria rete di telefoni pubblici, e perciò propone in consultazione due alternative: attendere il recepimento del nuovo codice delle comunicazione elettroniche, rimandando così ogni valutazione sull’esistenza di esigenze tali da giustificare una perdurante presenza della telefonia pubblica nel servizio universale nazionale, oppure introdurre fin da ora alcune soluzioni regolatorie che alleggeriscano gradualmente il carico di PTP che il fornitore del sevizio è chiamato a gestire.
Il destino della telefonia pubblica, in tempi di FTTH e 5G, sembra quindi oscillare tra la dismissione totale e l’evoluzione tecnologica proposta da TIM. In attesa che si determinino le prospettive nazionali, la potenziale conversione delle PTP in hosting per LTE o mobile data offloading, in un contesto che vede ormai nelle schede telefoniche solo il valore nostalgico del collezionismo, sembra comunque un gentile omaggio a un asset industriale che ha il sapore di una cartolina dal passato.
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