Si inscrivono nel solco della continuità le parole con cui il nuovo Presidente dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha presentato la Relazione annuale sull’attività svolta nel 2018. Come da tradizione, si è trattato di un momento utile non soltanto a fare il punto sui più importanti interventi dell’Authority – tra i quali la sanzione ad Apple e Samsung per obsolescenza programmata e la repressione di un risalente cartello automobilistico – ma anche e soprattutto a tracciare l’orizzonte futuro dei mercati, anzi in particolare del mercato unico europeo.
Un orizzonte normativo e concorrenziale che non può prescindere, e anzi richiede, il supporto politico di un’Europa a trazione unitaria, baluardo comune per allontanare lo spettro del nazionalismo e per fronteggiare “le sfide poste dalla globalizzazione dei mercati, dalla tecnologia, dai nuovi equilibri geopolitici e commerciali”.
All’alba del 5G, è facile leggere tra le righe una preoccupazione legata alle sorti della ‘Trade War’ ancora in atto, così come alle sue implicazioni – a monte (lato aziende) e a valle (lato consumatori) – sui mercati caratterizzati da una forte componente tecnologica.
Ciò che invece la relazione afferma a chiare lettere è l’auspicio che le politiche euro-unitarie non si limitino ad affermazioni di principio provenienti dalle Istituzioni europee, ma che invece interessino una spinta armonizzatrice proveniente anche dai governi nazionali per eliminare “quelle asimmetrie e distorsioni competitive” che mortificano il mercato unico.
L’approccio macroeconomico al contesto concorrenziale impone in tal senso una riflessione sull’utilizzo distorto che talvolta è fatto delle libertà fondamentali garantite dall’Unione europea, le quali così finiscono paradossalmente per eliminare quel level playing field determinante per una sana concorrenza economica non solo tra aziende, ma anche tra Stati membri.
Questo doppio binario, in cui alla competizione tra imprese private si aggiunge anche una rinnovata competizione tra Paesi per attrarre investimenti stranieri, con una vicendevole influenza, è particolarmente evidente in aspetti quali il dumping fiscale e il tax ruling. Fenomeni che lasciano sì un surplus di guadagno ad alcuni Stati membri, impoverendo tuttavia la collettività.
“E’ indispensabile, dunque, ritrovare un approccio strategico comune a livello europeo per porre fine alle distorsioni del mercato attualmente esistenti, assicurando che l’imposta sia versata nel luogo in cui gli utili e il valore sono generati”.
Il discorso si lega inevitabilmente, peraltro, anche alla tassazione delle imprese digitali, percorso che stenta ancora a compiersi in chiave unitaria. La digital economy, del resto, pone una pluralità di sfide. Poche e tentacolari imprese, la cui dimensione economica globale rende sovente irrisorie le sanzioni antitrust comminate a fronte di posizioni dominanti di enorme entità, offrono servizi che “rivestono un ruolo centrale nell’intermediazione informativa, economica e sociale”.
Il riferimento a Google, Facebook, Apple et similia porta necessariamente con sé alcune riflessioni in tema di Big Data e di utilizzo anti-competitivo degli stessi, tali da elevare le barriers to entry nei mercati digitali e da minacciare privacy e pluralismo.
Le soluzioni prospettate hanno caratteri differenti, e tra queste trova posto l’ipotizzato break-up dei giganti del web: un’opzione che in USA ha suscitato interesse, per esempio, nei confronti di Amazon Web Services, branch che si occupa dei servizi cloud di Amazon.
AGCM sembra tuttavia propendere, più che per una ridefinizione degli assetti societari, per una doppia via istituzionale: da un lato, una sempre più stretta collaborazione tra Authorities (e in tal senso si cita l’indagine conoscitiva congiunta con Agcom e Garante Privacy sui Big Data), e dall’altro un potenziamento di alcuni strumenti di enforcement antitrust. Si invocano, in questo senso, sia un maggior grado di controllo sulle pratiche di algorithm price fixing sia la possibilità di valutare alcune tipologie di concentrazione oggi sottratte al vaglio antitrust (ad esempio, quelle con cui i colossi digitali inglobano piccole start-up, con l’obiettivo di acquisire tecnologie e brevetti e di eliminare sul nascere futuri potenziali concorrenti: si tratta infatti di operazioni che, allo stato, possono sfuggire alla valutazione antitrust per via delle ridotte dimensioni delle start-up medesime).
Altri profili problematici, di non poco conto, riguardano poi il dumping sociale/contributivo, la relazione tra assetti proprietari delle imprese e tendenze protezionistiche di alcuni Stati membri, e la non sempre corretta applicazione della normativa sugli aiuti di Stato in taluni settori.
Su tutti questi temi, afferma il Neopresidente Rustichelli, “è in gioco la legittimazione sostanziale dell’Europa e la sua capacità di venire realmente incontro alle aspettative dei cittadini e delle imprese”, ed è pertanto necessario predisporre un intervento politico unitario ed organico.
© Graziadei Studio Legale
Ulteriori informazioni: “Relazione annuale sull’attività svolta” di AGCM scaricabile in pdf, link al sito dell’Autorità