Parlare di ‘digital economy’ richiede un riferimento ad alcuni fenomeni tecnologici inquadrabili come fattori abilitanti dell’innovazione e dello sviluppo, e tra questi una posizione di rilievo è occupata dai Big Data.
Il possesso dei dati, vera e propria chiave del funzionamento dei mercati digitali, è perciò notoriamente oggetto di studio da parte delle autorità indipendenti, con l’intento di regolarne gli aspetti critici e potenzialmente lesivi di alcuni valori e diritti fondamentali, come la concorrenza, il pluralismo e la riservatezza delle informazioni personali.
Ha preso le mosse proprio da una siffatta esigenza l’indagine conoscitiva congiunta di Agcm, Agcom e Garante Privacy sui Big Data, avviata nel maggio 2017 e giunta oggi – in attesa del report conclusivo – a un punto di svolta con la pubblicazione delle “Linee guida e raccomandazioni di policy”. Lo studio, un approfondimento interdisciplinare in bilico tra sovrapposizione di competenze e riconciliazione dei trade-off regolatori, mette subito in chiaro l’ampiezza e la molteplicità degli interessi giuridici.
Da un lato, si tratta di implicazioni economiche e concorrenziali: al possesso e all’utilizzo dei Big Data è infatti attribuito un ruolo di primo piano nella creazione di nuovi e innovativi mercati, e tuttavia essi rischiano di innalzare le barriere all’ingresso di mercati già esistenti, così come acuire le asimmetrie informative nei confronti del consumatore.
Dall’altro, le implicazioni sono di natura sociale e democratica, in quanto, grazie al potere dei Big Data, fenomeni come la profilazione algoritmica e le filter bubble, tipici delle piattaforme digitali (specialmente social), rischiano di contribuire alla creazione di disinformazione e alla menomazione del pluralismo.
E’ allora comprensibile che le Linee guida, animate peraltro dall’ambizione di muoversi nello spazio privo di confini geografici del web, calchino con decisione i profili della cooperazione europea ed internazionale tra Authorities; della ricalibrazione del fenomeno regolatorio su quello tecnologico; e dell’educazione digitale di cittadini e imprese. Tutti elementi, questi, necessari ad assicurare quel level playing field che è base e altezza del perimetro concorrenziale.
Sul fronte della cooperazione, in particolare, emerge sia un interessante profilo nazionale, con l’intenzione di istituire un coordinamento permanente tra Agcm, Agcom e Garante Privacy per “sfruttare le sinergie esistenti tra strumentazione ex ante ed ex post”, sia un ambizioso profilo internazionale, col rafforzamento del dialogo nell’ambito di enti sovranazionali quali il BEREC e l’European Competition Network.
Una delle parole d’ordine della regolazione dei Big Data sembra poi essere ‘trasparenza’. Tale concetto è infatti declinato in una pluralità di significati. La trasparenza è intesa, in primo luogo, in chiave privacy: esiste, cioè, la necessità di promuovere normativamente una piena ed effettiva trasparenza nell’uso delle informazioni personali, onde indirizzare correttamente lo sfruttamento e la valorizzazione economica dei dati. A ciò si legano inoltre le istanze consumeristiche e concorrenziali, intese come esigenza di ridurre le asimmetrie informative non soltanto tra utenti e operatori digitali, ma anche tra questi ultimi e i grandi platform holder del web (Google, Facebook, ecc.), dei cui servizi gli operatori stessi si avvalgono. Da ultimo, anche la trasparenza amministrativa gode di autonoma rilevanza, ed è in tal senso necessario assicurarsi che l’utilizzo dei Big Data da parte dei soggetti pubblici avvenga nel rispetto del GDPR.
Grande rilievo è poi conferito dalle Linee guida al consumer welfare: la tutela della dimensione digitale del cittadino-utente rappresenta forse il vero terreno comune delle iniziative delle tre Autorità, dove le sinergie volte ad assicurare a un tempo la corretta circolazione del dato personale, la difesa del pluralismo informativo e il disarmo di posizioni dominanti e pratiche commerciali scorrette si intensificano in ragione della multi-settorialità dell’economia digitale e dell’ubiquità dei major players.
“La capacità di profilazione, portata ai suoi estremi, e l’esasperazione degli effetti di rete possono agevolare comportamenti abusivi idonei a ridurre la contendibilità degli ecosistemi delle principali piattaforme, rendendo persistente il loro potere di mercato”, si legge nelle Linee Guida. Responsabilizzare le piattaforme è dunque il primo passo di un percorso che deve necessariamente includere anche una rinnovata attenzione alla qualità dei servizi, all’innovazione e all’equità, oltre che all’educazione digitale dei consumatori e all’istituzione di nuovi “poteri di audit e di inspection” in capo alle Authorities.
L’ultimo punto saliente toccato dal documento, non a caso, è rappresentato dalla necessità di ampliare il raggio d’azione regolatorio e sanzionatorio, nonché il bacino dei diritti degli utenti.
Sotto il primo profilo, le tematiche toccate sono molteplici, e spaziano dal rafforzamento dei poteri di acquisizione delle informazioni al di fuori dei procedimenti istruttori fino all’innalzamento del tetto massimo delle sanzioni pecuniarie. Ma il riferimento va anche all’opportunità, sottolineata peraltro anche in dottrina, di estendere il vaglio antitrust anche alle cosiddette ‘killing acquisitions’, cioè quelle operazioni con cui le big companies inglobano start-up innovative, al fine di eliminare la concorrenza futura, operazioni che – per requisiti dimensionali – sovente sfuggono al controllo.
Sotto il secondo profilo, invece, il riferimento va, tra l’altro, all’adozione di standard aperti e interoperabili per la mobilità dei dati personali, in maniera da favorire “lo sviluppo della competizione nei vari ambiti di valorizzazione economica del dato e, di conseguenza, una più efficace tutela del consumatore-utente”.
Quest’ultima considerazione in particolare – a cui si aggiunge anche l’accento posto sull’esigenza di una preliminare identificazione, da parte dell’impresa, della natura di personale o meno dei dati in suo possesso, con l’obiettivo della minimizzazione e dell’ ‘anonimizzazione’ dei dati – vale a confermare, qualora ce ne fosse bisogno, il valore monetario sempre più ingente dei Big Data, vero fulcro, fattore di engagement e barriera all’ingresso degli odierni mercati digitali.
© Graziadei Studio Legale
Ulteriori informazioni: documento “Linee guida e raccomandazioni di policy” scaricabile in pdf