Lenta modernizzazione del sistema-Paese, prevalenza di economie di agglomerazione e stretto collegamento col territorio: sarebbe questa "logica localistica", secondo il nuovo Quaderno Giuridico Consob, ad aver cristallizzato in Italia il “modello PMI”. Le Piccole e Medie Imprese rappresentano la colonna portante dell’economia nazionale, ma risultano ancora caratterizzate da una naturale diffidenza verso i mercati dei capitali. Le motivazioni di tale diffidenza sono certamente storiche e culturali, ma vanno ricercate, sostiene Consob, anche e soprattutto nel panorama contingente: l’orizzonte fiscale non premiante per chi decide di quotarsi, il disinteresse dei mercati per questo specifico segmento e i costi eccessivi delle operazioni di quotazione in borsa per le PMI, spesso imprese a conduzione familiare.
Tuttavia, quella tra PMI e mercati di capitali è una distanza da colmare per ragioni di «crescita economica» e di «innovazione tecnologica», oltre che per un più rapido reperimento delle risorse economiche (l’exit strategy degli investitori, più semplice in una società quotata, favorisce infatti anche la propensione a investire).
Il problema, per quanto connaturato al tessuto economico del nostro Paese, non è solo italiano, e ciò ha spinto l’ordinamento economico europeo a riflettere attentamente sulle iniziative a sostegno delle PMI, anche mettendo a tacere il tradizionale sfavore per l’intervento pubblico nell’economia.
Il lavoro di Consob mette dunque in risalto l’operato della Commissione europea volto a «promuovere l’integrazione dei mercati finanziari dei Paesi Membri, al fine di favorire la concorrenza e la libera circolazione dei capitali» e a «incentivare lo sviluppo di meccanismi market-based per il finanziamento dell’economia». L’intento di irrobustire l’accesso ai mercati di capitali delle PMI si è tradotto in due Libri Verdi e in alcuni piani programmatici, come per esempio il programma Horizon 2020 e il Piano Juncker.
Ma, ricorda Consob, sul tema è intervenuta soprattutto la Direttiva MiFID II, col fine di alleggerire gli oneri e di facilitare il percorso delle PMI sia nella fase antecedente alla quotazione, sia nella fase successiva (anche con la creazione di «una nuova sottocategoria di mercati di crescita per le PMI, gli SME Growth Markets»). Tuttavia, l’operazione di alleggerimento sembra essersi fermata a una dichiarazione di principio, anche per la contrapposta esigenza di tutelare gli investitori sotto il profilo informativo. Emerge perciò un quadro che, come suggerisce l’analisi offerta da Consob, sembra limitare gli SME Growth Markets al ruolo di semplice “etichetta”, più che di facilitatore del percorso di quotazione delle PMI.
La successiva ondata di proposte della Commissione europea sembra tuttavia suggerire una piena comprensione circa l’inefficacia della Direttiva MiFID II: alla consultazione pubblica “Building a proportionate regulatory environment to support SME listing” (riguardante il perfezionamento della definizione di SME Growth Markets, l’alleggerimento degli oneri per le società quotate su tale segmento di mercato e la promozione degli ecosistemi delle borse locali), è seguita la Comunicazione (2018)331, cioè una “Proposta di regolamentazione volta a favorire l’accesso delle piccole e medie imprese (PMI) al finanziamento tramite i mercati di capitali”, di cui il lavoro Consob dà conto nel dettaglio.
Anche il Legislatore italiano sembra aver recepito il messaggio, e ha traslato il discorso in ambito nazionale prevalentemente tramite accorgimenti fiscali, come il Patent Box, la partecipation exemption, l’ACE, le politiche in favore delle start-up, i crediti d’imposta alle PMI quotate e i Piani Individuali di Risparmio (questi ultimi incentivano i risparmiatori a investire nelle imprese locali). Il nuovo assetto normativo ha favorito anche la nascita di programmi come “Elite” di Borsa Italiana s.p.a. e “PiùBorsa” di Consob, entrambi volti a “educare” e potenziare le competenze e le dimensioni delle PMI nel loro percorso di quotazione.
Tuttavia, secondo Consob, la strada è ancora lunga. Sembra necessario insistere e ampliare il tema degli incentivi, anche di natura fiscale, per favorire da un lato l’accesso ai mercati di capitali delle PMI, e per invogliare dall’altro gli investitori a scommettere sulle imprese locali.
A tal fine, il Quaderno Giuridico traccia un orizzonte temporale e strutturale delle varie fasi della catena del valore legata alla quotazione delle PMI. Tali fasi accompagnano la PMI durante l’apertura ai mercati, e si sostanziano nella “pre-quotazione”, nella “quotazione” vera e propria, nel “grace period post IPO” e nella “quotazione post grace period”. A ciascuna di tali fasi corrispondono differenti peculiarità, e tenendo conto delle diverse tipologie di investitori (fondi di private equity, angel investors, persone fisiche, investitori istituzionali), Consob costruisce uno schema premiale che cerca di contemperare le esigenze degli stakeholders con l’obiettivo primario di finalizzare al meglio la capitalizzazione della PMI.
In particolare, nelle fasi di “pre-quotazione” e di “quotazione” è necessario favorire la realizzazione effettiva dell’operazione, sostenendo con un regime fiscale premiante sia l’impresa sia i primi investitori (che godranno anche, successivamente, di un’exit strategy più semplice), mentre nelle fasi di “grace period” e nella vita “stabilizzata” della PMI quotata, l’incentivo mirerà soprattutto alla stabilizzazione dell’impresa e alla possibilità di trading offerta agli investitori.
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