CONSOB ha recentemente pubblicato un Report sulla corporate governance delle società quotate italiane, sottolineando alcuni fattori di cambiamento – come una più accentuata gender diversity negli organi societari e una rinnovata attenzione per la sostenibilità sociale e ambientale – e rimarcando, al contempo, i segnali di continuità – quali, ad esempio, la concentrazione degli assetti proprietari e la prevalenza del modello gestorio tradizionale.
Gli assetti proprietari. Dal report emerge che le quotate italiane si caratterizzano mediamente per una forte concentrazione della proprietà, favorite in ciò dal dato relativo alla composizione del mercato: le imprese familiari rappresentano il 66% del totale.
Il controllo di diritto è diffuso nel 53% delle società, mentre nel 24,7% il controllo è in capo a un azionista con una quota inferiore al 50%. Appena il 5,6% delle società risulta invece ad azionariato diffuso, eppure esse detengono più del 20% della capitalizzazione totale di mercato. Lo Stato o altri enti pubblici sono primi azionisti in circa il 10% delle società. In crescita il numero delle quotate non appartenenti a un gruppo di controllo (81%).
Gli investitori istituzionali. In lieve crescita la partecipazione di investitori istituzionali sopra la soglia di ownership disclosure (quasi il 27% delle quotate): se gli investitori italiani risultano più frequentemente presenti nelle imprese di piccole dimensioni, la presenza degli investitori stranieri appare invece più diversificata e marcata anche nelle società con capitalizzazione media e alta. Più in generale, fra gli investitori istituzionali il rapporto CONSOB registra una flessione di banche e assicurazioni e un aumento di private equity, venture capital e fondi sovrani, soprattutto esteri.
Modelli di governance. Per quanto riguarda i sistemi di amministrazione e controllo, il modello largamente prevalente nelle quotate italiane è quello tradizionale (92%), con le altre due forme di gestione societaria relegate a una presenza secondaria: il 7,4% delle società adotta il modello monistico, lo 0,6% quello dualistico.
Sul versante dei comitati endo-consiliari, i Comitati per la remunerazione e i Comitati controllo e rischi, pur in lieve calo, sono presenti in oltre il 90% delle società, rappresentanti della quasi totalità della capitalizzazione di mercato complessiva. Registrano un incremento i Comitati nomine e i Comitati sostenibilità: in relazione a questi si registra un’asimmetria fra la percentuale di società che adottano tali comitati (rispettivamente 64% e 24,3%) e la percentuale di capitalizzazione di mercato detenuta da queste società (rispettivamente 88,5% e 67,2%). I collegi sindacali, infine, sono mediamente composti da tre membri, di cui uno indipendente in una società su due.
Board diversity, composizione dell’organo amministrativo e interlocking. Secondo il report, il board delle quotate italiane si compone in media di dieci membri, la metà dei quali indipendenti. Inoltre, nel 50% delle compagnie sono presenti amministratori di minoranza. I cosiddetti interlockers, cioè gli amministratori presenti in più di un board, siedono nei consigli di 180 società quotate, che rappresentano il 97% della capitalizzazione di mercato complessiva.
Per quanto riguarda la board diversity, sebbene non manchino considerazioni sulla diversificazione dei profili professionali degli amministratori (si nota, in particolare, la riduzione dei componenti legati da rapporto di parentela all’azionista di controllo), il rapporto CONSOB si concentra soprattutto sul tema della gender diversity. Sotto questo profilo, si nota l’effetto propulsivo della Legge 120/2011 sull’incremento della presenza femminile negli organi statutari: sono donne il 36% degli amministratori e il 39% dei sindaci. I numeri sono tuttavia più bassi in relazione ad alcune posizioni apicali: le cariche di amministratore delegato e di presidente del board risultano rispettivamente assegnate a una donna in 15 società (pari al 2,5% della capitalizzazione di mercato complessiva) e in 25 società (pari a circa un terzo della capitalizzazione di mercato complessiva).
Partecipazione all’assemblea dei soci: il say on pay. Il report evidenzia un’ampia partecipazione all’annual general meeting delle quotate italiane, che si attesta al 72% con lievi variazioni fra i settori industriale, finanziario e dei servizi. Emerge sul punto il tema della remunerazione degli amministratori, con un dissenso nell’ambito del cosiddetto say on pay che ha raggiunto il 44% delle azioni degli investitori istituzionali.
Remunerazione e sostenibilità. Parlando di remunerazione degli esecutivi, peraltro, la sua variabilità risulta legata in maniera sempre più decisa a fattori di sostenibilità ambientale e sociale. Il riferimento ai parametri ESG (Environment, Social, Governance) è presente nelle remunerazioni di breve termine e di lungo termine degli amministratori, in entrambe riferendosi soprattutto a fattori sociali, quali la sicurezza sul lavoro, il capitale umano e la customer satisfaction, e a fattori ambientali, in primis le emissioni di CO2. Non mancano poi esempi di remunerazioni variabili anche per dirigenti con responsabilità strategica.
Le operazioni con parti correlate. La tipologia più diffusa di operazioni con parti correlate riguarda contratti di finanziamento o di fornitura di beni/servizi, ma risultano diffuse anche le operazioni di trasferimento di asset societari (anche di lungo termine), di fusione, di aumenti di capitale riservati e di operazioni che comportano la modifica della partecipazione relativa della parte correlata.
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Ulteriori informazioni: link al Report on corporate governance of Italian listed companies, CONSOB.