L’OSSERVATORIO AGCOM. L’ultimo numero dell’Osservatorio Agcom (“Osservatorio sulla disinformazione online” n. 3/2020) ha fornito alcune importanti valutazioni statistiche sul rapporto tra fake news e Coronavirus. L’Autorità ha esaminato una pluralità di profili, che variano dall’incidenza della disinformazione sull’assetto del sistema informativo (tradizionale e online) al focus sui social network, per finire con la disinformazione su Coronavirus e 5G e la cyber security in tempo di epidemia. A tal fine, è stato esaminato il contenuto di oltre 6 milioni di documenti, relativi al periodo compreso tra il 1 gennaio e il 31 maggio 2020 e prodotti da oltre duemila tra fonti informative (tv, radio, stampa, internet) e fonti di disinformazione (siti internet e pagine social).
I TRE PERIODI DEL CORONAVIRUS NELL’INFORMAZIONE. Agcom sottolinea innanzitutto l’andamento inizialmente crescente, e poi decrescente, dell’attenzione che il sistema informativo ha dedicato al Coronavirus. In particolare, se nel passaggio dal primo periodo (epidemia in Cina e primi contagi in Italia) al secondo periodo (emergenza e lockdown) si è verificata una crescita esponenziale dell’incidenza delle notizie riguardanti il virus sul totale delle notizie prodotte, il passaggio dal secondo periodo al terzo (quello della graduale riapertura) ha invece evidenziato una riduzione di tale incidenza.
In generale, nel mese di maggio il sistema informativo - comprendente tv, stampa, radio e internet - ha prodotto sul tema circa 400 mila contenuti. [1] Nell’ultima settimana di maggio, poi, si assiste ad un allineamento percentuale tra informazione e disinformazione: i prodotti informativi dedicati al Coronavirus hanno rappresentato il 29% del totale, le fake news sul virus il 28% della disinformazione prodotta online. [2]
IL CORONAVIRUS SUI SOCIAL NETWORK. Anche sui social si è registrata una graduale decrescita dell’attenzione che le pagine di informazione hanno rivolto al Coronavirus, mentre si è mantenuto più costante il trend della disinformazione (24% la media nelle ultime tre settimane di maggio). Rispetto alla fase del lockdown, sui social è stato dunque possibile notare un capovolgimento del rapporto tra informazione e disinformazione: se a marzo quasi un post/tweet di informazione su due (43-45%) era dedicato al Coronavirus, sovrastando così la disinformazione (32-36%), nell’ultimo periodo rilevato da Agcom la presenza del Coronavirus sui social risulta più elevata nella disinformazione che nell’informazione. [3]
CONSUMO DI INFORMAZIONE ONLINE ED ENGAGEMENT. Agcom rileva inoltre una crescita generalizzata nel consumo di informazione e di disinformazione online da parte dei cittadini italiani, dovuta anche al perdurare dell’epidemia. Le fonti di disinformazione, ad esempio, sono cresciute fino ad essere consultate dal 31% (marzo) e dal 26% (aprile) degli utenti unici di siti e app rilevanti. Resta comunque molto più alta la percentuale di chi ha consultato fonti di informazione: 91% a marzo e 89% ad aprile.
Per quanto attiene invece ai social network [4], l’interesse degli utenti è stato catalizzato, seppur in misura differente, dai contenuti pubblicati da soggetti editoriali, soggetti politici e istituzionali, influencer e imprese. [5]
FAKE NEWS SU 5G E CORONAVIRUS. Un tema particolare cui l’Autorità dedica attenzione nel report è poi quello delle fake news legate al 5G. Il fact-checking, elemento particolarmente rilevante nella lotta alla disinformazione, ha infatti consentito di smentire numerose false informazioni presenti in rete sul rapporto tra 5G e Coronavirus: ad esempio, quella secondo cui il Parlamento europeo riterrebbe la rete di nuova generazione un acceleratore del virus e quella secondo cui il Coronavirus sarebbe un batterio amplificato dal 5G.
CORONAVIRUS E CYBER SECURITY. Infine, anche la sicurezza delle reti e degli utenti digitali ha subito l’incidenza di nuove iniziative malevole legate al Coronavirus. “Nei mesi della diffusione del contagio” si legge nell’Osservatorio Agcom, “si rileva un notevole incremento di siti di phishing”, con “in media, 1.767 nuovi domini malevoli legati al coronavirus al giorno” [6]. Ma l’emergenza ha comportato anche nuove tipologie di attacchi via web, come la diffusione di app di contact tracing malevole, la vendita online di sedicenti prodotti anti-Covid e gli attacchi a servizi di video-conferenza.
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[1] Nell’ultima settimana di maggio, per esempio il 29% delle notizie prodotte dal sistema informativo ha riguardato il Coronavirus, a fronte del 40% della settimana tra fine aprile e inizio maggio e del 60% relativo al periodo di emanazione del Decreto Cura Italia.
[2] Nella settimana tra fine aprile e inizio maggio le notizie provenienti da fonti di disinformazione relative al Coronavirus hanno rappresentato il 33% di tutta la disinformazione, mentre alla metà di marzo questa cifra raggiungeva il 46%.
[3] Ciò ha finito, probabilmente, con l’influire anche sull’assetto complessivo della informazione/disinformazione online relativa al Coronavirus. L’incidenza della disinformazione online è infatti più alta nel mese di maggio (fino a raggiungere il 6%) rispetto ai mesi di marzo e aprile (dove si attestava sul 4,3-5,3%).
[4] Per quanto attiene alle piattaforme social, Agcom rileva peraltro che “le visite ai social network e ai siti/app di instant messaging si mantengono molto elevate fino alla fine di aprile. Nelle settimane successive, con l’allentamento delle misure di contenimento, il consumo dei social media tende a ridursi”.
[5] In particolare, su Facebook, durante il periodo dei primi contagi e del lockdown, l’engagement maggiore si è registrato per i contenuti di organizzazioni editoriali e di pagine di intrattenimento, mentre l’interesse per i contenuti di istituzioni e soggetti politici è prevalso nel periodo della riapertura. Su Instagram, sia durante il lockdown sia nella riapertura, influencer e pagine di intrattenimento hanno mantenuto la loro “centralità”, mentre su Twitter hanno trovato spazio soprattutto i contenuti di giornalisti e soggetti politici. Infine, su Youtube editori e soggetti istituzionali sono stati raggiunti, nell’ultimo periodo, da influencer e aziende.
[6] Sotto questo profilo, l’Italia risulta essere il Paese europeo col più alto numero di domini malevoli registrati in tema Coronavirus.
Ulteriori informazioni: link al report Agcom "Osservatorio sulla disinformazione online" n. 3/2020