Con la sentenza n. 2020 del 13.07.2020, la Corte d’Appello di Bologna ha escluso la responsabilità di un franchisor - importante impresa del settore energia, difesa da Graziadei Studio Legale con il Partner Francesco Trotta - per l’inadempimento posto in essere da un franchisee nei confronti di un cliente finale.
In particolare, in primo grado il cliente, sulla base di un contratto stipulato con il franchisee per l’installazione di un impianto fotovoltaico, formulava domanda risarcitoria per i danni da ritardo nell’installazione non solo contro il franchisee, sua controparte contrattuale, ma anche contro il franchisor e, addirittura, contro la capogruppo di quest’ultimo. In particolare veniva dedotta sia una responsabilità contrattuale diretta del franchisor e della controllante, sia in subordine una responsabilità dell’affiliante, per non aver controllato il rispetto degli standard qualitativi e della correttezza commerciale da parte dell’operatore affiliato.
Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda del cliente facendo discendere dal principio dell’apparenza una responsabilità di tipo contrattuale in capo al franchisor (con conseguente ribaltamento dell’onere della prova), peraltro con richiami ad ambiti del tutto differenti, quali quello della responsabilità nel settore medico-sanitario o dell’intermediazione finanziaria.
Questa ricostruzione derivava tuttavia da una qualificazione del rapporto tra franchisor e franchisee - basata su elementi quali la spendita del nome del franchisor o l’utilizzo dei suoi segni distintivi - che la Corte d’Appello ha ritenuto erronea.
Infatti, anche senza voler negare che, in linea di principio, l’affiliante possa essere chiamato a rispondere per gli inadempimenti dei singoli operatori affiliati, tale responsabilità non può prescindere da un comportamento colposo dell’affiliante, che non era stato affatto
provato durante la causa. La responsabilità del franchisor per omesso controllo sulle condotte poste in essere dal franchisee, in altre parole, non comporta una responsabilità oggettiva; al contrario, posto che l’inadempimento del franchisee può essere in ipotesi considerato come fatto costitutivo dell’ipotetico illecito extracontrattuale (e non già contrattuale) attribuito al franchisor, è necessario appunto che vi sia prova della colpa attribuibile in concreto al franchisor; e tale colpa non può essere riscontrata, secondo la Corte, nella mera situazione di apparenza basata sulla spendita del nome del franchisor o sull’utilizzo dei suoi segni distintivi da parte del franchisee, né sull’appartenenza del secondo alla rete commerciale del primo.
Se dunque è vero che sussiste, secondo giurisprudenza, un onere di controllo del franchisor sull’operato del franchisee, tale onere va puntualizzato e delimitato avendo a mente le concrete possibilità di vigilanza del franchisor, consistenti nel dare una linea di indirizzo ai suoi franchisee, e non nel controllare dettagliatamente ogni singola operazione da questi posta in essere. “L’invocazione del principio di apparenza” si legge in proposito nella sentenza d’appello, “come pure del diverso criterio oggettivo sopra indicato (mero inserimento dell’affiliato nella rete dell’affiliante ed uso dei segni distintivi di quest’ultimo), avrebbe come logica conseguenza l’onere del concedente di controllare ogni singolo contratto ed ogni singola esecuzione degli accordi contrattuali assunti dall’affiliato con i terzi. Tale condotta è - in tutta evidenza - inesigibile, in quanto l’affiliante non solo dovrebbe sovrintendere alla propria rete di distribuzione, ma dovrebbe svolgere un controllo minuzioso e costante su tutte le attività negoziali di ogni singolo affiliato, compresa la fase esecutiva delle stesse.”
A riprova di ciò, e dunque a rimarcare l’impossibilità di pretendere dal franchisor il controllo su ogni singola operazione posta in essere dai suoi franchisee, la Corte ricorda inoltre che la controversia ha ad oggetto proprio un singolo contratto, e non una condotta ripetuta nel tempo da un affiliato o da una molteplicità di affiliati, elemento di cui invece l’affiliante dovrebbe essere a conoscenza.
Le considerazioni svolte dal giudice di secondo grado valgono inoltre ad escludere la rilevanza nella fattispecie di un precedente del TAR Lazio (n. 5625/2019), il quale affermava, nel settore dei servizi postali, la responsabilità di un franchisor per mancata vigilanza sul comportamento illecito dei franchisee. In tal caso infatti le condotte censurate non riguardavano inadempimenti afferenti ad un singolo rapporto contrattuale tra affiliato e cliente finale, bensì la sistematica assenza, in capo ai franchisee, del titolo autorizzativo necessario al fine di svolgere il servizio postale. Una decisione, quella del TAR Lazio, basata dunque sull’abusività degli operatori legati al franchisor, e in relazione alla quale il medesimo avrebbe dovuto vigilare.
Così tracciati i confini della responsabilità del franchisor, e del suo onere di vigilanza sui franchisee, ne deriva che è ancor più illogico ipotizzare una responsabilità in capo alla società capogruppo del franchisor, così come invocata nella controversia sulla base dell’art. 2497 del Codice Civile. Come correttamente rilevato dalla Corte d’Appello, la responsabilità della controllante per direzione e coordinamento “non si estende certo all’inadempimento di qualsiasi obbligazione delle società controllate o eterodirette”, limitandosi a stabilire una responsabilità di tipo patrimoniale nei confronti di soci e creditori delle controllate, che niente ha a che fare con la responsabilità per inadempimenti degli affiliati relativi a contratti con i clienti finali, di cui né la società capogruppo, né la controllata affiliante erano parte.
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