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Net Neutrality statunitense: Le telco rallentano YouTube e Netflix ma la battaglia prosegue in California


10/2018

Giorni importanti per la net neutrality statunitense. Mentre i Repubblicani sembrano troppo occupati a lamentarsi di un presunto trattamento di sfavore sui social network (ma Facebook e Twitter assicurano che i loro filtri oscurano i comportamenti abusivi, non le ideologie), gli utenti comuni iniziano a veder rallentare le proprie connessioni nell’utilizzo quotidiano di internet.

È quanto affermano i ricercatori di importanti università americane, che grazie all’app Wehe hanno notato numerose pratiche di throttling da parte delle principali compagnie di telecomunicazioni. Le piattaforme rallentate sono innanzitutto YouTube, Netflix e Amazon Video, bersagli facili perché voraci di banda coi loro contenuti in streaming in alta definizione.



Ma non è certo una sorpresa. Era il 14 dicembre 2017 quando la FCC di Trump smantellava la net neutrality introducendo il RIF Order: una “light-touch regulation” che, parole dell’authority, avrebbe favorito gli investimenti per una rete internet migliore.

Nonostante le promesse di Verizon, Comcast ed AT&T, le quali assicuravano di non voler rallentare le connessioni, si sta tuttavia verificando esattamente lo scenario temuto dalla maggioranza dei cittadini statunitensi: le tre regole d’oro della net neutrality (no blocking, no throttling, no paid prioritization) non sono più una priorità per i carriers. Del resto, se la FCC abdica al proprio ruolo di controllore della rete, i provider possono gestire le connessioni come meglio credono.

Ma le contromosse non si sono fatte attendere, e la battaglia per la net neutrality prosegue incessante.



Lo scorso maggio i parlamentari Democratici hanno attivato il Congressional Review Act (CRA), che consente ai due rami del Parlamento di annullare un provvedimento regolamentare (in questo caso, proprio il RIF Order). La battaglia in Senato è risultata vincente, mentre i lavori alla Camera proseguono. All’indomani della pausa estiva, il deputato Mike Doyle, promotore del CRA alla House of Representatives e forte di un ampio consenso popolare attorno all’iniziativa, ha esortato i suoi colleghi a firmare la petizione per la reintroduzione della net neutrality. Al momento, con 177 firme già raccolte, ne mancano ancora 41 per arrivare a 218, il numero necessario ad attivare il voto della Camera sulla proposta.       

Ma il fronte più interessante, e più indicativo del malcontento popolare, è quello dove a combattere sono i singoli Stati americani, che stanno esplorando possibili soluzioni per proteggersi dagli abusi delle telco a livello statale, e non federale.

I Governatori di Stati come Oregon e Montana hanno scelto un approccio indiretto: facendo leva sugli interessi economici degli operatori di rete, hanno previsto che gli enti pubblici possano siglare contratti di fornitura solo con telco che rispettino il mantra “no blocking, no throttling, no paid prioritization”.

Altri Stati, come Washington, hanno invece optato per un approccio diretto: l’introduzione di una vera e propria net neutrality domestica. Ma è in California che si sta verificando lo scenario più interessante, anche per l’importanza che questo Stato riveste nell’economia digitale statunitense (basti pensare a quanti Over-the-Top, come Google e Facebook, risiedono nella Silicon Valley).

Il Bill SB 822, promosso dal Senatore Scott Wiener, è stato approvato sia dall’Assemblea, con 58 voti favorevoli e 17 contrari, sia dal Senato, con 27 favorevoli e 12 contrari. Il Governatore Jerry Brown ha provveduto il 30 settembre a firmare il Bill, rendendo la net neutrality legge della California.         

Nel frattempo, il dibattito si alimenta: c’è chi afferma che le reti siano materia federale, quindi non modificabile dai singoli Stati, e chi invece ritiene che la FCC, deregolando internet, abbia lasciato campo libero agli Stati per regolare la questione in autonomia.       
Mentre si prefigura una net neutrality a macchia di leopardo, le telco minacciano aumenti di prezzo per gli abbonamenti a internet. Di certo, se pensavano che il RIF Order eliminasse le regole del gioco, i Governi stanno invece dimostrando che la net neutrality è ancora della partita: un’abitudine digitale troppo buona per farne a meno.

© Graziadei Studio Legale 

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