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Relazione annuale Garante Privacy: focus su politica, pluralismo ed economia
Nella società digitale la tutela dei dati personali diviene “un’opera collettiva”

15/05/2019

Parlare di Data protection, oggi, significa parlare di mercati ed economie del web, di rapporto tra digitale e politica, di trasparenza degli algoritmi nel governo dei flussi di informazioni. “Il digitale” ha affermato il Presidente Soro, durante la presentazione della relazione sull’attività svolta dal Garante nel 2018, “può essere presupposto tanto di espansione quanto di limitazione delle libertà”, propulsore di nuovi diritti od ostacolo alla piena espressione umana.  



Questa doppia anima si riscontra, per esempio, nei nuovi mercati delle app e dei social media, dove sempre più spesso le piattaforme vedono nel dato personale la contropartita della gratuità del servizio, e dove gli utenti-consumatori, nel vortice dell’economia dei like, si assoggettano a “servitù volontarie” in cambio di servizi e utilità digitali solo apparentemente gratuite. Parte da questo piano la proposta, ricordata dal Presidente, di attribuire all’utente un vero e proprio “dividendo dei dati”.  
               
Ad ogni modo, sul piano economico il Garante non nasconde preoccupazioni di natura anche concorrenziale, coi potenziali effetti di lock-in causati dalle concentrazioni di data set: in proposito, il provvedimento dell’Autorità nel caso Facebook-Whatsapp emerge come esempio di funzione pro-concorrenziale della privacy (e, specificamente, il riferimento va agli obblighi di correttezza e trasparenza del trattamento imposti dal GDPR).     



La protezione dei dati può rappresentare un requisito di tutela del consumatore e antitrust by design in quanto consente il governo dell’elemento fondativo dell’economia del prezzo zero: il dato personale”.  

D’altra parte, non è soltanto il profilo economico a destare preoccupazioni. Il possesso e l’elaborazione dei dati, infatti, rappresentano oggi non soltanto un valore assoluto in termini monetari, ma anche un valore versatile, capace di creare situazioni di vantaggio e di determinare squilibri anche su ulteriori piani, come quelli legati al pluralismo informativo e alla delineazione dei futuri scenari politici.             
               
Sono questi i settori in cui si presenta forse con più delicatezza il tema della regolazione degli algoritmi che governano internet e la circolazione dei dati. E’ necessario che la tecnologia si vesta di “progettualità etica, politica e anche giuridica”, affinché la dimensione tecnologica non sovrasti quella umana e democratica.

Ma in questo ambito il richiamo del Garante è anche alle filter bubble, e alla preoccupazione che – in un ecosistema digitale globale – l’algoritmo finisca per segmentare in maniera paradossale la porzione di web, di popolazione, di idee con cui l’individuo può entrare in contatto. La preoccupazione, cioè, che sia l’automazione a scegliere per l’uomo.         

Sul fronte del pluralismo, i principi di trasparenza algoritmica e il diritto di contestare le decisioni automatizzate sul web rappresentano un potenziale contemperamento tra determinismo tecnologico e volontà umana.  

Tuttavia, sembra essere il fronte politico a ribadire, più di ogni altro, la necessità di governare l’innovazione, invece di lasciarsi governare da essa. La profilazione sulle piattaforme digitali si sta infatti interessando sempre più alla dimensione politica. Non a caso, il Garante cita la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina (la cd. Trade War) come esempio di lotta per l’egemonia tecnologica fondata sulla raccolta massiva di dati e capace, in assenza di un’adeguata regolazione, di giungere a nuovi totalitarismi digitali, ad “algocrazie” che portano al “capitalismo della sorveglianza”.   

Così, la protezione dei dati diventa a maggior ragione un “essenziale presidio di libertà e democrazia nella complessità della società digitale”.                  

Ma se la circolazione dei dati coinvolge profili così cruciali e sfaccettati di questa società digitale, e se l’obiettivo è massimizzare e rendere concreta la tutela astrattamente approntata dal GDPR, allora il Garante, nel monitorare il cambiamento, deve adottare un approccio multiforme, capace allo stesso tempo di tutelare i minori, le identità personali, l’informazione, la libertà di espressione; e, ancora, di promuovere la trasparenza amministrativa, la sicurezza cibernetica, la deontologia giornalistica, la regolazione degli oggetti intelligenti, l’utilizzo congruo dei poteri di controllo in ambito lavorativo. 

E’ un universo di problemi e di esigenze da affrontare sulla base dei principi di proporzionalità e di minimizzazione dei dati personali. Ma, soprattutto, come afferma il Garante nel chiudere la relazione, la progressiva affermazione universale del diritto alla protezione dati come “forma e regola dell’agire individuale e collettivo” è un obiettivo alla scrittura del quale devono partecipare non solo il Garante e gli altri organi competenti, ma tutti i soggetti coinvolti. La tutela dei dati è appunto un’opera collettiva, la cui dimensione “vive nella realizzazione quotidiana, per la quale è indispensabile il contributo di ciascuno”.


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Ulteriori informazioni: link alla pagina "Relazione sull'attività 2018 e discorso del Presidente" (garanteprivacy.it); discorso del Presidente scaricabile in pdf.  

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